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Uniti per forza: cui prodest? 

In questi giorni di raccolta delle firme da parte delle cosiddette forze politiche antisistema moltissimi, ed in modo assolutamente legittimo, chiedono alle stesse di unirsi, non comprendendo le ragioni di questa “bellum omnium contra omnes” (la guerra di tutti contro tutti). 

In realtà, almeno a mio modo di vedere, vi sono elementi che precludono questa operazione per motivazioni direttamente collegate sia alla tipologia dei movimenti in campo, sia allo stesso meccanismo della legge elettorale vigente in cui 1/3 dei seggi è assegnato in collegi uninominali con metodo maggioritario, mentre 2/3 in collegi plurinominali con criterio proporzionale e liste bloccate. 

In primo luogo, mi pare evidente che la critica e la lotta contro l’obbligo vaccinale (ancora in vigore per il personale medico e paramedico fino al 31 dicembre 2022) o la posizione assunta dall’Italia nei confronti del conflitto in corso tra Federazione Russa e Repubblica di Ucraina succube verso Bruxelles e prima ancora verso i guerrafondai americani che “esportano democrazia” (lo stesso centro-destra non intende mutare linea ovviamente per potersi meglio accreditare), pur costituendo un denominatore comune, non è sufficiente per costituire una coalizione. 

Sono due temi importantissimi, ma che non esauriscono la proposta politica. 

In secondo luogo, al di là dei programmi molto stringati e poco articolati che sono fino ad ora usciti e che certificano non una precisa e chiara “Weltanshauung” politico-filosofica, bensì vaghe dichiarazioni di intenti (Italexit, invece, sta ultimando una proposta programmatica di oltre 50 pagine), non c’è alcuna convergenza, o se c’è è limitata a qualche punto, su una futura ed eventuale azione di governo con la conseguenza che la scelta delle elettrici e degli elettori finisce per essere principalmente emozionale e simpatetica con questo o quel leader del dissenso per cui tutti gli altri sono “gatekeeper” sulla base di foto, dichiarazioni decontestualizzate e non comprese, video che vengono appositamente fatti circolare in rete etc. In Italexit, e posso testimoniarlo in prima persona, al di là dell’innegabile carisma e della capacità di analisi di Gianluigi Paragone si sta costruendo (non è sempre tutto facile) anche una classe dirigente con competenze importanti (si pensi a figure come quelle del prof. Giovanni Frajese o del prof. Barbaro in materia sanitaria). 

Sia ben chiaro: non è mia intenzione sminuire il valore, la serietà e la professionalità di chi milita in altre formazioni (ho il piacere di conoscere molti e sono legato da vincoli di grande stima, amicizia ed affetto), semplicemente ravviso (resta ovviamente un punto di vista personale opinabile) una mancanza di coordinamento delle suddette competenze che finiscono per restare monadi, non riuscendo in questo modo ad esprimere appieno le loro indubbie potenzialità. 

In terzo luogo, voi siete così convinti che le diverse liste rinuncino, dopo due anni di lotte, battaglie e piazze, al loro simbolo? 

Mi pare una grande utopia. 

Questo significa, allora, formare necessariamente una coalizione (un insieme di forze politiche) la quale, secondo la legge ordinaria dello Stato n. 165/2017 (c.d. “Rosatellum bis”), per accedere al riparto dei seggi deve superare, a livello nazionale, la soglia di sbarramento del 10%. 

Una cifra che non sarebbe mai raggiunta, poiché le diverse realtà partitiche non sono ancora organizzate capillarmente nel territorio nazionale per cui nessuna di queste entrerebbe in Parlamento. 

Stando ai sondaggi (che restano linee di tendenza) l’unica forza in grado di superare la soglia di sbarramento (la macchina del fango è prontamente partita) resta Italexit. 

Questo significa riflettere, da parte delle altre formazioni, in termini di convergenza verso chi ha qualche probabilità in più (non sicuramente certezze, anzi). 

E secondo voi questo sarebbe possibile? A me pare fantapolitica. 

Goethe (1749-1832) ha ragione quando sostiene che è necessario unirsi non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme, ma questo richiede una pars costruens ed una prospettiva filosofico-politica comuni, al momento assolutamente deficitarie anche per ragioni temporali. 

Ho un affetto immenso per ciascuno dei “leader del dissenso” (mi scuso per la semplificazione), ma ho ritenuto corretto esprimere il mio pensiero in merito. 

Tutto questo non toglie l’augurio a tutti di un meritato successo. 

Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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