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Home Cultura “Uomo Libero”, poesie patriottiche nell’età (così prosaica) del politicamente corretto

“Uomo Libero”, poesie patriottiche nell’età (così prosaica) del politicamente corretto

copertina del libro Uomo Libero

“Questa nazione è il corpo di Cristo appeso in giù”. E’ con questa espressione fortissima che apriamo le prime pagine del libro Uomo Libero, la seconda raccolta poetica di Raffaele Gatta (edizioni Nulla die Sine Poesia, 2023), con prefazione di Diego Fusaro, in uscita ad agosto. La prima raccolta si intitola infatti Un Religioso Silenzio, L’odore del caffe amaro è invece (ad oggi) la sua unica creatura narrativa.

L’Uomo Libero di Gatta vaga per “Strade vuote e in ascesi i lavoratori-disoccupati rapidi nel salire e scendere da treni affollati in stazioni anonime e identiche in tutta Europa”: non-luoghi alienanti, comunità umane inaridite delle loro memorie, chiese senza traccia di Dio.

Dopo essersi laureato in Arti Visive e successivamente in Lettere, Gatta ha vissuto in Germania e si è occupato di arte, poesia tedesca e integrazione culturale con migranti nei centri di accoglienza. Ha anche esposto le sue fotografie a New York (Agora Gallery) e in Italia e Germania.

Abbiamo parlato con lui della sua poetica vagando insieme per le strade dei suoi versi.

L’intervista a Raffaele Gatta, autore del libro “Uomo Libero”: un’illusione collettiva

«Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!» è il verso inziale di un’invettiva di Dante nel Purgatorio, nella sua raccolta diventa: “Povera Italia ridotta a colonia, di disoccupazione fabbrica Crociera turistica condotta da ruffiani Non più patria di virtù, ma di prostituzione mediatica”.

Sì, quasi nel concetto vichiano “dei corsi e dei ricorsi storici”. A me sembra, molto spesso, che nulla muti in questa Italia. Scelte politiche scellerate tornano anche a distanza di pochi anni, ma la vera questione da chiedersi è: sono ricorsi storici casuali o vi è una volontà del Potere di farne uno strumento politico?

E poi nel citare Dante ho voluto riconfermare, come fece il nostro Sommo Poeta, questa eterna mancanza di identità nazionale politica e culturale (lo stesso Gramsci parlava di esterofilia degli italiani), la disoccupazione guidata dal Capitale, i ruffiani che – ahimè – raggiungo il successo senza alcun valore, per non parlare dell’altro potere mediatico: La tv con i suoi salotti dove, con Guy Debord, potremmo dire siamo divenuti noi stessi spettacolo e dunque quella cosa oscena.

Chi è l’Uomo Libero del titolo della sua raccolta?

Qui ho scelto di citare Marcuse con la sua teoria sulla “repressione addizionale”, il quale aveva già evidenziato cosa stesse avvenendo a noi tutti nell’Occidente. Ora il mondo è oramai sempre più immerso in una biopolitica di matrice neoliberista o meglio ancora in una psicopolitica, poiché il “Corpo Santo del Potere”, come dico in un verso, ha divorato gli altri corpi sociali e punta diritto all’anima. Di fatto chi è l’uomo libero?

“Uomo libero” siamo tutti noi, i quali crediamo di vivere più democraticamente rispetto a un cinese o a un russo, ma in realtà siamo totalmente fagocitati da una reificazione luckacciana da cui non usciamo più. Illusi di poter scegliere, in quel libero mercato, le merci da noi agognate, viviamo in una sovrastruttura eterea di prodotti, per di più oggi giorno sempre più astratti, virtuali e questo vale anche per le relazioni personali e amorose, tanto da non farci più rendere conto di aver perso la vera Struttura, quella reale dell’esistenza.

Abbiamo travisato il concetto di Libertà, la quale dovrebbe essere spirituale e di tipo logico, cioè pensata quanto meno e non istintuale-materialistica, come di fatto è divenuta.

In una sua poesia (senza titolo) nel capitolo A Est di Nulla invoca Diotima, incarnazione sapienziale femminile che Platone nel Simposio introduce come maestra di Socrate sulla figura dell’Eros. Una sorta di veggente che istruisce il filosofi. Eros è forza contraddittoria perché figlio di Poros ricchezza, e Penìa povertà.

Recupero la figura di Diotima dal poeta tedesco Hölderlin, il quale appunto, la prese in prestito da Platone. Lo pseudonimo servì al poeta per parlare, nelle sue poesie e lettere, di Susette von Gontard. Un amore puro e assoluto, come quello di Leopardi per Silvia. E in questa citazione volevo semplicemente affermare come, in effetti, anche il nostro Occidente fu in passato luogo di alti valori, spiritualità, amore sacro e che non è sempre stato quello che è divenuto oggigiorno.

Raffaele Gatta con dietro di sé il libro Uomo Libero

Una poetica di ispirazione filosofica

E c’è anche Silvia di Leopardi…quali sono i poeti che la hanno ispirata di più?

In realtà mi hanno ispirato maggiormente i Filosofi. E uso la lettera maiuscola per la parola “Filosofi” perché per me la Filosofia è davvero la Scienza Prima. Dovremmo ripartire anche in politica dai filosofi e dalla filosofia e lasciar stare tutti gli altri imbonitori…

Per quanto riguarda i poeti leggo molto volentieri Franco Fortini. Vi sono forti tensioni in Fortini, ma ultimamente leggo anche Giorgio Orelli, Giovanni Giudici.

La sua poesia Paragrafo 1 recita:

Mio Dio, disse il segretario del partito

Cosa ci fanno queste speranze fuori dal palazzo?

Il portaborse, un giovane laureato, rispose: sono anche dentro!

Le poesie non si spiegano, però ci dice qualcosa su questi versi?

Effettivamente ha colto quello che probabilmente è il testo meno poetico dell’intera silloge, almeno nel senso comune di ciò che intendiamo per “poesia”.

Tuttavia fotografa, a mio avviso, due fenomeni: uno tipicamente italiano, ovvero lo sfruttamento, attraverso eterni stage mal retribuiti, dei giovani laureati e l’altro più ideale in cui ravviso anche all’interno del potere, nel Palazzo, un desiderio rivoluzionario (le speranze sono anche dentro) questo perché, anche per un fattore umano corrosivo, deve avvenire prima o poi un’implosione, una entropia, per il semplice fatto che il soggetto politico e umano non può non volgersi al “Bonum commune”.

La prefazione del filosofo Diego Fusaro

Diego Fusaro intitola la prefazione al suo libro Uomo Libero “Una poesia patriottica e civile”. L’etimologia della parola patria viene dal latino patria (terra) ‘(terra) dei padri’, femm. sost. di patrius ‘paterno’. La figura paterna è oggi in crisi?

Oggi giorno ritengo sia in crisi l’intero assetto valoriale dell’occidente: Il padre, ma anche la figura materna e in generale la famiglia e questo perché se viene a mancare la struttura, ovvero Dio, di conseguenza le categorie a lui connesse, di riflesso, cedono.

Nelle nostre chiese oramai non vi è più alcun Dio, la nostra religione è divenuta una sorta di grande onlus di accoglienza, ma non si prega più Dio, nessuno parla di quella vera Trascendenza. L’azione katecontica di un padre è dunque assente, come lo è quella della religione. Oggi si tende a inglobare tutto…Ecco, forse, siamo giunti a una Religione neoliberista-capitalistica speculare a tutto questo. Cosa ne direbbe Simone Weil, la quale viveva nel segno Assoluto e Puro di rivoluzione e teologia?

La parola patria oggi viene demonizzata, viene strumentalizzata per accostarla non più all’orgoglio dell’origine, ma per associarla ad un nazionalismo che vorrebbe sopraffare le altre culture e patrie.

È il problema di tutto quel fenomeno che chiamiamo “politicamente corretto”. Tutta quella strategia egemonica dell’uso delle parole e non solo. Pura formalità e ipocrisia, a mio avviso. Si difendono le persone o le categorie sociali, da quelle di genere a quelle etniche, non con le parole, ma con la dignità vera, reale. Oggi si lavora molto ideologicamente sulla sovrastruttura – “Grand hotel abyss” – perché di fatto viviamo noi tutti in una sovrastruttura. La parola Patria non fa del male a nessuno, dipende invece dalla politica che si sceglie ovviamente. E anzi penso al Risorgimento, a Carducci e quindi all’amore per la nostra terra, amore che non equivale a odiare le altre identità e nazioni o popoli.

Credo che al contrario chi non abbia un’identità e non la rispetti, sia per primo portatore di odio verso l’altrui, perché non conosce un peras (“limite” in greco) e dunque scade in un infinito neutrale sopraffacendo di conseguenza anche gli altri, proprio a causa di un’ignoranza di fondo del concetto di patria.                                                 

Consumismo, nichilismo e scientismo a fronte di senso civico, fede e senso del Mistero. Questo in sintesi il rovesciamento dei valori della nostra epoca?

Tutte queste categorie ormai sono in qualche modo superate, ma non perché non esistano più; anzi esse ci sono e in modo lampante, tuttavia sono state talmente introiettate nel nostro spirito da essere divenute un credo, una fede, e dunque in modo tale da non sentirne più nemmeno la piaga.

Viviamo una nuova mitologia inconscia, un nuovo incantamento, il quale dopo quel raziocinante Entzauberung (il disincantamento del mondo di cui parla Max Weber) ci introdurrà in una finta scienza oggettiva: Mitologica appunto. La scienza va riscoperta ex novo, così come il pathos dell’umanità. E solo insieme possono sussistere e dare una nuova strada all’umano.

Giulia Bertotto

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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