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La Guardia Nazionale Repubblicana tra il 1943 e il 1945

Carabinieri e Camicie nere di Salò a difesa della continuità dello Stato

Siamo appena entrati nel 2023, ottantesimo anniversario di una serie di eventi tragici e divisivi della nostra storia nazionale: il crollo del regime fascista il 25 luglio, l’armistizio reso noto l’8 settembre, la spaccatura dell’Italia in due con la nascita della Repubblica Sociale Italiana e il Regno del sud, e la guerra civile.  

Iniziò allora un periodo in cui fino al 25 aprile 1945 si fronteggiarono gli uni contro gli altri armati, fascisti e antifascisti, i ribelli dell’onore che avevano aderito alla Repubblica di Mussolini e i ribelli della libertà che avevano raggiunto le file della Resistenza.

La lacerazione consumatasi con la guerra civile si è perpetuata, e per certi aspetti accentuata nel tempo, malgrado i tentativi di pervenire a una pacificazione basata su una «storia condivisa» che a 80 anni dai fatti sembra rimanere una chimera. 

Se certe ferite non si sono mai rimarginate – comprensibilmente perché chi ha vissuto, combattuto e sofferto allora, si è quasi sempre rifiutato di riconoscere a chi era schierato sul fronte opposto bontà d’intenti e dignità – oggi che i protagonisti della guerra civile sono ormai quasi tutti scomparsi, soltanto una storia intesa come revisione e rilettura del passato, senza pregiudizi e alla luce dei documenti finora rimasti nascosti, può aiutare a capire quel tragico momento della vita nazionale da cui è nata, senza soluzione di continuità, l’Italia democratica. 

«Fascismo al crepuscolo e continuità dello Stato» è, non a caso, il titolo della prima parte del libro di Stefano Fabei su La Guardia Nazionale Repubblicana nella memoria del generale Niccolo Nicchiarelli, 1943-1945 (Mursia, 2020, Euro 18,00). 

Questo saggio, uscito in coincidenza con l’inizio della pandemia, apporta un ulteriore contributo alla storia della RSI e alle vicende politico-militari riguardanti l’Italia centro-settentrionale tra il 1943 e il 1945. 

Delle forze armate della repubblica fondata dal Duce, la GNR fu la prima per nascita e numero di uomini.

Vi confluirono, con qualche centinaio di agenti della Polizia dell’Africa italiana, 120.000 Camicie nere della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale e circa 90.000 Carabinieri. 

Uomini tra loro molto diversi per fede politica: le Camicie nere si reputavano la guardia armata della rivoluzione fascista, mentre i Carabinieri erano in gran parte, fedeli a Casa Savoia, o almeno tali erano ritenuti. 

La Guardia, dunque, finì per essere «un ibrido e naturalmente non riuscito connubio» come la definì il maresciallo Rodolfo Graziani, ministro della Difesa della RSI. 

Tuttavia, agli ordini di Renato Ricci e poi di Mussolini, la GNR assolse i propri compiti, primo fra tutti il controllo del territorio.

Fabei, autore di una biografia di Niccolo Nicchiarelli (Il generale delle Camicie nere, Pietro Macchione, 2013), ricostruisce il contesto in cui questo alto ufficiale della Milizia operò tra il 1943 e il 1945. 

Console generale, aveva combattuto con coraggio in Africa settentrionale, poi sul fronte orientale («TAGLIAMENTO» La legione delle Camicie nere in Russia (1941-1943), in Edibus, 2014), quindi in Slovenia; alla nascita della RSI nel 1943 ricevette l’incarico di presentare il progetto di costituzione della GNR, di cui dall’estate del 1944 diventò, in quanto capo di stato maggiore di Mussolini, il vicecomandante. 

Con tale ruolo cercò di salvare i Carabinieri dai progetti di eliminazione tentati dai tedeschi sostenuti dai fascisti intransigenti, che consideravano la Benemerita fedele al re traditore. 

Per Nicchiarelli, invece, quest’arma, «unica forza di polizia disciplinata e tecnicamente preparata» a disposizione, doveva essere salvaguardata per presidiare il territorio nazionale dopo la fine del fascismo e garantire la continuità dello Stato, a prescindere dalla sua caratterizzazione politica, come desiderato da Mussolini.

La GNR aveva, inoltre, assoluta necessità dei Carabinieri per compiere i servizi d’istituto che i provenienti dalla Milizia non potevano ancora conoscere e svolgere con la necessaria preparazione. 

Il volume, dotato di un’appendice contenente fra l’altro il Memoriale di Nicchiarelli, è molto documentato e ricco di note e di belle fotografie; ha il pregio di unire il rigore storico a una chiarezza espositiva che ne rende piacevole la lettura. 

Matteo Pio Impagnatiello

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it  

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