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Home Cultura e società Legale “L’Agorà del Diritto” – una domanda, una risposta: Corte di Cassazione e phishing

“L’Agorà del Diritto” – una domanda, una risposta: Corte di Cassazione e phishing

Già in altri articoli dell’”Agorà del Diritto” ci siamo occupati di phishing ed altre truffe on line.

Questa settimana riteniamo opportuno tornare sull’argomento, in quanto nei giorni scorsi si è pronunziata al riguardo la Corte di Cassazione.

Era accaduto, ipotesi, purtroppo, molto frequente, che un soggetto aveva ricevuto una mail apparentemente proveniente da una società creditizia presso la quale aveva il proprio conto corrente.

Attraverso questa mail, l’utente veniva invitato a cliccare su un link, inserendo le proprie credenziali per il cambio password, al fine di accedere al conto corrente.

Avendo seguito tali indicazioni, il correntista si vedeva addebitata la somma di € 2.900,00 per una operazione dallo stesso mai effettuata.

Inutili sono state le richieste di rimborso, così come veniva anche rigettata l’azione legale promossa dinnanzi al Giudice di Pace, al fine di ottenere la restituzione del mal tolto.

Il consumatore, però, non si dava per vinto e promuoveva appello, che veniva accolto sul presupposto che il prestatore di servizi risponde degli effetti dannosi conseguenti all’esercizio di attività pericolosa implicante il trattamento di dati personali e non avendo l’ente dimostrato che l’operazione in contestazione era riconducibile al cliente.

E così la società veniva condannata al risarcimento del danno pari alla somma addebitata.

L’impresa promuoveva ricorso in Cassazione imputando al cliente la mancanza di diligenza nella custodia dei codici di accesso ed aver spontaneamente lo stesso inserito gli stessi seguendo le indicazioni contenute nella mail.

La Corte di Cassazione, però, ha rigettato il ricorso dando ragione al consumatore e confermando, quindi la responsabilità della società.

La Suprema Corte, infatti, ha stabilito che la diligenza che l’operatore qualificato deve adottare deve coprire tutte le operazioni ricondotte nella propria sfera di controllo tecnico anche sulla scorta di una valutazione di prevedibilità ed evitabilità, dovendo adottare e dimostrare giudizialmente di aver adottato tutte le misure per garantire la sicurezza del servizio.

Di conseguenza, essendo la possibilità della sottrazione dei codici al correntista attraverso tecniche fraudolente una eventualità rientrante nel rischio di impresa, la società avrebbe dovuto provare, cosa che non è avvenuta nel caso di specie, di aver adottato soluzioni idonee a prevenire o ridurre l’uso fraudolento di sistemi elettronici di pagamento.

In assenza di tale prova, la Corte di Cassazione conferma l’ipotesi di responsabilità della società ed il diritto al risarcimento del danno del correntista.

Avv. Emilio Graziuso – Avvocato Cassazionista e Dottore di Ricerca.

Presidente Nazionale Associazione “Dalla Parte del Consumatore”

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