Enzo Pennetta è laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali presso un liceo romano. Nel 2011 ha pubblicato “Inchiesta sul darwinismo”, nel 2016 “L’ultimo uomo” e nel 2020 “Il Quarto Dominio”.
La sua ultima fatica è il saggio “Il punto Omega” (pubblicazione indipendente del 2022) nel quale teorizza come il nazismo 2.0 sia la degenerazione necessaria del neoliberismo ibridato con la digitalizzazione.
In questo saggio descrive un nazismo in chiave transumana, nel quale restano le altissime e mostruose aspirazioni perfezionistiche di quello che devastò il secolo scorso.
A guardar bene è tutto collegato, ci dice Pennetta: ipercontrollo dei cittadini, digitalizzazione, vincoli socio-sanitari e medicalizzazione esasperata, propaganda volta a orientare il comportamento nella direzione di un ambiguo eco-green; in cui i mezzi di oggi non sono solo media ma mezzi inauditi di condizionamento cognitivo ed emotivo.
Il risultato sarà una dittatura basata sulla legittimazione scientifica e camuffata da altissimi valori etici. Non sono questioni da scansare senza riflettere né da accettare senza approfondire, così ne abbiamo parlato con l’autore.
“L’Olocausto fu pensato e messo in atto nell’ambito della nostra società razionale moderna, nello stadio avanzato della nostra civiltà e al culmine dello sviluppo culturale umano: ecco perché è un problema di tale società, di tale civiltà e di tale cultura”. Le prima parole della sua opera riportano Modernità e Olocausto di Zygmunt Bauman (1989), secondo il quale la persecuzione sistematica non è un incidente sul percorso del progresso ma la lineare seppur aberrante conseguenza dello scientismo.
Neodarwinismo sociale, neoliberismo, malthusianesimo e iper tecnologizzazione minacciano dunque una nuova Shoah? Cosa risponde a chi le dice che questa è una lettura catastrofista e forzata della realtà attuale?
Ovviamente le nuove forme dittatoriali non si manifestano -né verosimilmente si manifesteranno- con la stessa estetica e le medesime forme delle tirannie del passato, ma dobbiamo comprenderne le dinamiche comuni.
La matrice nazista si dispiega nella Storia in modi diversi, oggi in maniera edulcorata ma più capillare e pervasiva.
Il sociologo Bauman come la filosofa Hannah Arendt spiegano che il punto di approdo di ogni totalitarismo è il campo di sterminio; ma badiamo bene, non si tratta di un campo in cui necessariamente si arriva alla “soluzione finale”.
Il campo è pensato per abbrutire ed umiliare i vivi: il campo è la zona di mortificazione e disumanizzazione che subiamo oggi con salari da fame camuffati dall’ “imprenditoria di sé stessi”, dal digitalizzare i nostri bisogni che invece sono reali e concreti, oppure farci mangiare insetti quando questo non appartiene alla nostra cultura e alla nostra storia culinaria, tradizionale, uno sfregio simbolico alla nostra memoria, direttiva Ue che non siamo affatto certi abbia uno scopo davvero ecologico.
Nel campo di concentramento si viene spogliati della propria identità, ebbene questo mi pare il progetto antropologico in atto.
Il vero campo di concentramento è la zoologizzazione dell’uomo come animale da allevamento intensivo, rinchiuso nella gabbia della Rete.
Nel capitolo Il problema Marx scrive “Darwin riconosce presso gli animali e le piante la propria società inglese, con la sua divisione del lavoro, la sua concorrenza, le aperture di nuovi mercati, le invenzioni e la sua malthusiana lotta per la vita. È il bellum omnium contra omnes di Hobbes”. La visione marxiana veniva così a costituire un’alternativa al modello liberista-malthusiano, ma la cosa più importante risiede nel fatto che la teoria nasceva nello stesso ambito scientista positivista e quindi non poteva essere contrastata con le argomentazioni che venivano usate contro le ideologie filosofiche o ispirate all’etica religiosa”. Marx si presenta molto attuale e al contempo problematico.
L’analisi del capitalismo di Marx è impeccabile, contiene però una visione riduzionista dell’essere umano, in chiave naturalistica o comunque che mutua molto dall’approccio naturalistico.
Questo risulta a mio avviso insufficiente per una piena interpretazione dei fatti umani.
La classe operaia si configura come la specie più adatta nella competizione per la sopravvivenza, per il marxista, mentre secondo la visione del capitalista lo sono i grandi proprietari.
In un primo tempo Marx ed Engels sono entusiasti della teoria dell’evoluzione e dell’Origine delle specie di Darwin, ma in un secondo tempo nel loro carteggio si trovano d’accordo sul fatto che il naturalista non ha fatto altro che trasporre nella natura i rivolgimenti della società inglese.
Come dice lo storico Barbero quando la Tathcher afferma che “Non c’è alternativa”, la classe operaia è perduta. Lo scontro darwiniano accetta la sconfitta definitiva di una specie e quindi la sua estinzione; diciamo che questo mi pare errato o quanto meno drastico.
Da rilevare anche che quando il capitalismo rischia di perdere si “inventa” il fascismo, per mettere fuori gioco il Partito Comunista.
Ogni volta che c’è un “rischio comunista” si assiste a un rigurgito fascista. Il nazismo invece è diverso, in quanto è invece il compimento della visione zoologica dell’uomo con l’aggiunta di componenti esoteriche mal riposte.
Ed è così che si gioca il Novecento, tra visioni del mondo contrapposte: nazismo, fascismo, liberismo e comunismo.
Quando il neoliberismo -se continueremo su questa strada- arriverà al suo compimento esso sarà un nuovo nazismo, questa è la mia tesi.
Dall’altra parte troviamo il pensiero New Age che “tende ad accettare tutto con passività, è all’origine del modo di dire “pensare positivo”; se tutto quello che avviene è opera del Karma, deve essere accettato. Diretta conseguenza di questa visione è il diffondersi del concetto di ‘adattamento ai problemi’ anziché di ‘resistenza e soluzione’ (…). La visione new age è un individualismo che rinuncia alla lotta politica perché il cambiamento del mondo passa attraverso il cambiamento di sé stessi”.
La coscienza che ogni cambiamento parte da noi stessi è un messaggio prezioso da accogliere. Tuttavia, la consapevolezza interiore, la cura profonda della propria psiche e perché no della propria anima non dovrebbe essere antagonista dell’attivismo sociale, dell’impegno civile, della militanza politica. Certo, la tensione mistica impone il distacco dagli “affari del mondo”, ma spesso non parliamo di asceti ma spesso di egoriferiti.
Una visione “verticale” tra umano e oltre l’umano, un’apertura al mistero, l’ascendente di una dimensione soprannaturale può dare forza all’emancipazione delle coscienze e così alla lotta civile, ma occorre vedere in quale modo si manifesta, o se viene imposta per evitare ribellioni.
Quando negli Usa l’opinione pubblica contestava la Guerra del Vietnam si è fatto credere ai giovani che l’unica sollevazione utile fosse quella intimista, in realtà questo era quello che il Potere stesso desiderava far credere, per evitare che la forza dei giovani li travolgesse: li hanno inondati di Lsd.
Un po’ come è accaduto nel nostro paese con l’avvento dell’eroina nel progetto “Blue Moon”, documentario che tutti possono trovare online.
Una riscoperta della non materialità della vita è da salutare con gioia, purché essa non sia pilotata per deviare impulsi di libertà civile e conquiste sociali.
Da noi, che avevamo vissuto la resistenza non poteva funzionare l’Lsd, ma l’eroina venne equiparata alla cannabis e il gioco era fatto, una generazione è stata falcidiata e così il vento rivoluzionario che poteva portare.
Insomma, mettere in contrapposizione impegno civile e lavoro interiore è una mossa geniale del sistema che così depotenzia le istanze di protesta e di rovesciamento, una trappola in cui non dobbiamo cadere.
Cosa possiamo fare? Come reagire mentre intorno ci viene legato il filo spinato della manipolazione?
Il nostro svantaggio è immane: non abbiamo servizi segreti, grandi risorse economiche, canali Tv e testate di massa, ma parafrasando Gramsci dobbiamo studiare e organizzarci.
Infatti, se non fossimo preoccupanti non ci sarebbe la persecuzione della censura.
Ben vengano le iniziative culturali, le conferenze, la stesura di libri come faccio io stesso, ma questa energia del dissenso deve poi essere convogliata anche politicamente, per non essere dispersa in propositi disparati e disomogenei.
Lev Trockij scriveva con una efficacissima metafora che la protesta popolare è come un vapore, ma se non viene incanalato nella struttura partitica di una locomotiva viene sprecato e il risultato disatteso.
In Vietnam, dove le forze in conflitto erano sproporzionate -per usare un eufemismo- gli americani persero la guerra quando persero il rispetto dei vietnamiti, disse il generale Mini.
Anche il nostro nemico è ridicolo, anche se molto potente.
Non credo si debba cercare di convincere coloro che vedono nel campo di concentramento il migliore dei mondi possibili, patinato e fluido diciamo.
Certo è bene informare, ascoltare e dialogare, ma senza mendicare: chi si comporta da venditore probabilmente sta offrendo merce tarocca; invece, occorre essere seduttivi nel senso alto del termine, cioè capaci con l’esempio concreto di attrarre, facendoci esempio in persona, facendoci testimonianza carnale di tutta la vitalità che c’è fuori da quel campo di concentramento di menzogne e propaganda.
Giulia Bertotto