La concezione tomista della legge e, in generale, dell’Ordine domenicano è, com’è noto, di tipo intellettualistico in quanto il suo valore orientatore è quello della razionalità: a qualunque livello (“lex aeterna”, “lex divina”, “lex naturalis” e “lex humana”) la legge è sempre “ordinatio rationis ad bonum commune”, ossia espressione della ragione che tende alla beatitudine senza fine.
Viceversa, all’interno dell’Ordine francescano, l’attenzione per la virtù teologale della carità si traduce, sul piano filosofico, nell’esaltazione della volontà.
Alla prospettiva domenicana intellettualistica si contrappone così quella francescana volontaristica.
Questa corrente, che si sviluppa principalmente in Inghilterra, vede tra i suoi esponenti le figure di Ruggero Bacone (1220-1292), Giovanni Duns Scoto (1265-1308) e Gugliemo d’Ockam (1287-1347). In particolare, lo schema di Scoto e di Ockam è il seguente: la legge, nella sua essenza, è espressione della “voluntas divina” (della volontà divina), ma poiché la volontà è il fondamento e la base della libertà e Dio è l’assolutamente libero, Egli dà all’uomo determinate leggi le quali sono buone perché Dio le ha date.
Questo significa, e il pensiero di Ockam radicalizza il punto di partenza diversamente da Scoto, che tutta la “lex naturalis” (la legge naturale è composta dai precetti divini) è esclusivamente espressione della “lex” divino-positiva e, dunque, ogni cosa è buona o cattiva nella misura in cui sia stata comandata o proibita da Dio.
Se Egli avesse comandato all’essere umano di odiarlo anziché di amarlo, l’uomo si comporterebbe in modo eticamente corretto odiando Dio.
Questa prospettiva, declinata in termini filosofici, è pericolosissima in quanto comporta una separazione netta e radicale tra la persona umana ed il Creatore.
Morale e diritto cadono in questo modo in una concezione meramente legalistica e “positivistica”: la legge, infatti, finisce per coincidere con il diritto positivo sia pure divino (cfr. Todescan).
Mentre in Tommaso d’Aquino (1225-1274) la ragione assume una funzione costruttiva, dialogica ed idonea a cogliere la legge naturale (che non è né anonima, né astratta essendo manifestazione della legge eterna nella creatura razionale) intesa quale realtà mediatrice tra Dio e la sua ragione imperscrutabile (la “lex aeterna”) da una parte ed il mondo storico (la “lex humana”) dall’altra, nel pensiero ockamiano la ragione acquista unicamente un ruolo ricognitivo, cioè si limita a prendere atto di una realtà di tipo teologico.
Quali le conseguenze?
È evidente che il volontarismo contiene già in sé i germi del razionalismo per cui se si presenta una fattispecie concreta, un caso, non compreso nella legge divino-positiva, o si nega il problema senza aver fornito una soluzione, oppure si elabora una risposta in chiave non più volontaristica assolutizzando la ragione stessa che giunge a porsi al di sopra e al di là di Dio.
Le premesse della modernità e del diritto naturale “laico” di Ugo Grozio (1583-1645) ci sono tutte…
Prof. Daniele Trabucco
In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it