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Il Nuovo Decreto, una potenziale beffa ai danni dell’erario

Con il precedente articolo (link sotto) ho anticipato alcune note circa la riforma delle sanzioni fiscali a seguito dell’approvazione del Consiglio dei Ministri.

Con il decreto si interviene sulle sanzioni tributarie, amministrative e penali, se da un lato si ammorbidisce rispetto alle rigidità attuali, dall’altro si inasprisce per i “recidivi”.

Ma c’è sempre un rovescio della medaglia o una diversa interpretazione.

Via il penale per chi non versa le imposte e poi rateizza. “Così violare le norme fiscali diventa più conveniente ed i ì contribuenti potrebbero adeguarsi”.

Un noto commercialista esperto in diritto penale dell’economia afferma che:” Lo stop al sequestro dei beni per chi aderisce alla rateizzazione favorisce i malandrini”

Il Decreto che dovrebbe riscrivere anche il rapporto tra Fisco e Cittadini (ed Imprese) tracciando un avvicinamento tra i due soggetti, – come anticipato – presta il fianco ad una ingente problematica di liquidità dell’erario.

Ricordo che in materia di imposte si riducono le sanzioni amministrative ad un massimo del 120% della cifra non versata in caso di omessa dichiarazione e, del 70% per chi presenta dichiarazione infedele. Quanto al penale, l’omesso versamento di ritenute per oltre 150mila euro ed Iva sopra i 250mila – oggi punito con la reclusione da sei mesi a due anni – viene depenalizzato se il debito risulta “in corso di estinzione mediante pagamenti rateali” ed il beneficio resta pure per chi smette di saldare le rate, a patto che manchino all’appello meno di 50mila euro di ritenute e 75mila euro di Iva.

In più viene conferma la decisione di depenalizzare l’evasione “di necessità “, cioè dipendente da “cause non imputabili all’autore”: il giudice dovrà tener conto della “crisi non transitoria di liquidità dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di Amministrazioni pubbliche “.

È così che smettere di pagare dopo aver aderito alla rottamazione diventerebbe una causa strutturale di non punibilità aprendo ipoteticamente una voragine nei contri dell’erario, tutelati anche dal fatto chechi rateizza il debito sarebbe meno esposto al sequestro dei beni finalizzato a preservare una garanzia a favore del fisco.

Le imprese a corto di liquidità potrebbero avere più convenienza finanziandosi attraverso il mancato pagamento all’erario piuttosto che da un prestito in banca.

L’erario non vigila come un istituto di credito e non chiede garanzie immediate, come il fatto di non distribuire dividenti prima di aver rimborsato il debito. Diversamente quei soggetti che recuperano liquidità a danno del fisco possono tranquillamente distribuire profitti ai soci.

Il tributarista afferma che “ci avviciniamo alla Svizzera, dove il reato tributario non esiste. Basterebbe dirlo, invece che infilare queste depenalizzazioni perché si vuol recuperare qualche soldo dai pagamenti a rate”.

L’esperto pone il dito anche sulla scelta di invitare il giudice ad astenersi dal sequestro dei beni finalizzato a confisca se il debito tributario è stato rateizzato, a meno che “sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale, desumibile dalle condizioni reddituali, patrimoniali o finanziarie del debitore”.

Così l’esito sarebbe quello di “lasciare chi ha scelto di non pagare le tasse libero di vendere i propri beni, magari con un piccolo sconto, e tenersi i soldi” lasciando l’Agenzia a bocca asciutta. “Tra l’altro non capisco quale sia la ratio della misura, visto che il sequestro non è un pregiudizio permanente: una volta pagato il debito, gli immobili e gli altri beni verrebbero restituiti”.

Per l’esperto è meno delicata la previsione di non punibilità per chi a sua volta non riesce ad incassare da un cliente insolvente i crediti che gli spettano: “Mi pare si cerchino di arginare possibili fallimenti a catena a spese del debito pubblico, cioè di figli e nipoti che dovranno farsene carico. Ma non giudico male la norma: definisce meglio una causa di forza maggiore in presenza della quale già oggi il contribuente va considerato non punibile perché manca l’elemento soggettivo del reato, il dolo

Insomma l’auspicio con cui chiudevo il precedente articolo va potenziato laddove si evidenzia un cambio di mentalità, sicuramente degli operatori ma anche del Contribuente.

È vero che in Svizzera non esiste il reato tributario ma è pur vero che la norma non viene immediatamente interpretata per smettere di pagare le tasse, quando queste sono eque.

Mario Vacca

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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