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Home Ambiente Economia Mangiare Insetti: una questione ambientale o un’altra “lotta di classe”?

Mangiare Insetti: una questione ambientale o un’altra “lotta di classe”?

Dopo l’assenso di Bruxelles alla presenza di farina di grillo negli alimenti nei supermercati UE si diffondono sul web parodie di note confezioni di pasta e merendine ribattezzate con nomi di coleotteri, segno che come sempre si allontanano tra loro i poli della crociata ideologica: da una parte i salvatori della terra “perché gli insetti a pari proteine inquinano meno”, e i cattivi che vogliono continuare a torturare vacche dai peti catastrofici. 

Ma per quanto se le possano suonare, i nuovi “apocalittici e integrati” si trovano a saziarsi allo stesso banchetto.

NON È UNA QUESTIONE DI DIS-GUSTO 

A coloro che legano l’argomento della contrarietà ad una dieta che preveda gli insetti come ingrediente sostanziale dei pasti al solo disgusto, bisogna innanzitutto far presente che il nodo non è se mangiare insetti ci fa schifo o meno

Infatti, dal punto di vista biologico anche gamberi e granchi sono artropodi, seppur di mare.

Come gli insetti, i crostacei sono artropodi, hanno cioè le zampe, formate da segmenti articolati tra loro e uno scheletro esterno in cui sono racchiusi gli organi, una sorta di sistema scheletrico che però protegge gli organi come uno scudo, l’esoscheletro. 

E poi mangiamo anche le cozze, chiamate anche “spazzini del mare” perché, per nutrirsi, assorbono e filtrano l’acqua marina. 

Le cozze sono importantissime per tenere pulito l’ambiente acquatico, un po’ come i lombrichi per ossigenare e fertilizzare il suolo. 

Certo sono diversi gli habitat di provenienza, ma naturalmente quelli da portata sono insetti allevati e non scarrafoni che frequentano i bagni delle stazioni. In Oriente, inoltre, la cucina prevede insetti da millenni. 

E non facciamo finta di non conoscere il Casu fràzigu, pregiato formaggio sardo che deve il suo particolare sapore alla ricercatissima infestazione delle larve di mosca.  

Così mentre noi stiamo qui a tirarci posate, è da lodare il talento evolutivo degli scarafaggi (ma anche dei topi e degli scorpioni), che resistono a dosi massicce di radiazioni atomiche, molto più elevate di quelle letali per l’uomo.

LA QUESTIONE DELLA MEMORIA E DEI REALI MOTIVI

I motivi che invece devono interessarci perché si estendono oltre la sfera della soggettività (mi fa schifo o no mangiare locuste) e implicano la nostra consapevolezza socio-politica sono principalmente due: la perdita della tradizione e quindi il dilemma se sia sacrificabile la secolare memoria culinaria dell’intero Occidente, e quindi se questo davvero contribuirebbe in modo rilevante alla salvezza ecologica del pianeta; ma soprattutto l’interrogativo sui reali scopi di questa operazione.

La questione si applica a molte faccende che occupano le prime pagine, perché la retorica del benessere della Terra e della salute umana si presta a camuffare la propaganda della disuguaglianza: così, la mistificazione in salsa di lepidottero, è servita.


Ci dicono di rinunciare alle bistecche per salvare foreste, ma la domanda è: ci verranno imposti i grilli perché la bistecca vogliono aggiudicarsela solo i ricchi ai vertici della catena finanziario-alimentare?

Nell’ambito sanitario: i signori verranno curati con farmaci costosi e a noi rimedi poco efficaci? 

E quando ci spiano dal termostato del riscaldamento: alla BCE se ne stanno in canottiera e noi nelle nostre case intirizziti con due maglioni?

Se i governi si deresponsabilizzano dicendoci che andando a lavorare con una utilitaria siamo colpevoli dello sfacelo delle polveri sottili -mentre presidenti e oligarchi volano ai loro incontri a bordo di un jet privato- la questione è solo ambientale o socio-politica?

In pochi stanno scegliendo a nome della popolazione umana facendoci credere di essere noi a voler compiere una missione da super eroi mangiando blatte? 

Insomma, qui si tratta di capire se stiamo accettando enormi disparità sociali camuffate da missioni salvifiche di stampo green

Spesso Marco Rizzo ci ricorda l’aforisma attribuito a Chico Mendes: “L’ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio”. 

Non è la lotta di classe ad essere superata ma un certo feudalesimo ad essere ancora attualissimo. 

LA SCELTA NON COMINCIA AL SUPERMERCATO

Un ‘altra questione è la trasparenza dell’informazione dal produttore al consumatore.

Un esempio molto comune: l’additivo E120 è un sale di alluminio dell’acido carminico che si ottiene dalle cocciniglie, una famiglia di insetti della stessa sottoclasse delle coccinelle, in particolare dalle femmine di due tipi di cocciniglie americane: Dactylopius coccus e Kermes vermilio. Si trova già nel vino, nelle caramelle e nei succhi di frutta. Alzi la mano (dalla tastiera) chi lo sapeva! 

E a chi dice (con ingenuità disarmante?): “Puoi sempre scegliere se mangiare biscotti con farina di grillo o meno”, ricordiamo che non si può liquidare la questione alla sola scelta al momento dell’acquisto perché le leggi di mercato non iniziano sugli scaffali. 

La scelta non è qui solo commerciale ma politica e finanziaria. 


Oltretutto la libertà individuale -certamente da difendere- non deve scadere nel relativismo etico; perciò, deve rimanere sempre alta la tensione tra ciò che interessa il singolo e ciò che coinvolge la collettività. 

Non stiamo intimando a nessuno se cucinare cavallette o meno, ma ricordando che nell’habitat umano come in quello naturale ogni scelta vincola anche gli altri perché implica la sua portata politica. 

Non semplifichiamo allora la discussione appiattendola sul solo tema della sostenibilità, perché l’habitat umano è molto più complesso di quello degli altri animaliL’habitat umano è sempre politico.

“Non sappiamo come si combatterà la terza guerra mondiale ma la quarta si farà con pietre e bastoni”, disse Einstein; bene, visti i tempi che corrono auguri a quegli scarafaggi che schiveranno le forchette, perché hanno molte più possibilità di noi di sopravvivere alla bomba atomica. 

Giulia Bertotto

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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