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Transumanesimo, la parola a Don Roberto Caria

Don Roberto Caria, Associato di Teologia morale sociale presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, autorevole tomista e mente brillante non solo del presbiterio oristanese ma anche di quello sardo, ha ospitato il seminario “Il transumanesimo, ovvero l’ultima follia della modernità” con il Professor Daniele Trabucco. Lo abbiamo intervistato per approfondire un argomento molto attuale ma di cui vi è poca coscienza diffusa.

Il professor Daniele Trabucco, ospite nei giorni scorsi a Oristano di Don Roberto Caria e della Associazione Culturale “Tabita”, aveva messo in guardia dai pericoli dell’ideologia transumanista, evidenziando come questa, in nome della massimizzazione della felicità, instauri in realtà una dittatura permanente dei bisogni.

Una tematica, quella del transumanesimo, che coinvolge sia la questione sociale, sia quella etica e ovviamente quella religiosa. Ecco quindi che, per approfondire un argomento, non propriamente alla portata di tutti, abbiamo intervistato l’ospite, Don Roberto Caria, nella duplice veste di cattedratico e di religioso.

Nei giorni scorsi avete ospitato il Professo Daniele Trabucco a trattare sul tema del “Il transumanesimo, ovvero l’ultima follia della modernità”. Partirei subito dalle parole introduttive di Francesco Borgonovo, vice/direttore del quotidiano “La Veritá”, il quale, ha sottolineato la deriva gnostica dell’ideologia transumanista che si pone l’obiettivo di “correggere la creazione”, in quanto ritiene che il creato non sia “cosa buona”. Lei in quanto uomo di fede e di scienza, come vede questa interpretazione?

Ritengo che la lettura del transumanesimo offerta dal prof. Trabucco sia la più profonda secondo una razionalità forte e illuminata dalla fede. La deriva gnostica – ben evidenziata anche dall’intervento di Borgonovo – appare chiara a chi ha sempre visto nello gnosticismo il peggior avversario del cristianesimo, e dunque il pericolo maggiore per una costruzione sociale sana secondo la legge morale naturale. Ricordiamo, infatti, come lo stesso Vangelo di S. Giovanni ha sullo sfondo una reazione allo gnosticismo dell’epoca, manifestatosi poi in modo prepotente fin dall’inizio dell’era cristiana. Solo per fare un  esempio, su un argomento molto vasto e storicamente articolato nei dualismi manichei che attraversano gli ultimi duemila anni, già S.Ireneo nel primo libro dell’Adversus Haereses notava che per gli gnostici “il demiurgo è superiore al creatore”. Nulla di diverso – a mio avviso – dalla presunzione superba dei progetti transumanisti, dove si parla addirittura di una “ricostruzione ontologica” dell’uomo, e di “ridefinire il concetto di essere umano” (K. Schwab, La Quarta Rivoluzione Industriale, p. 122). Pura follia.

Trabucco parlava di “dittatura permanente dei bisogni”. Purtroppo, quando si parla di “bisogni” ci si riferisce a fattori basali per una conduzione di vita dignitosa e spesso addirittura indispensabili per la sopravvivenza. Come si è arrivati a questo secondo lei? Sono “Beni voluttuari” che hanno assunto la qualifica di “Bisogni” o è la nostra mente che è stata “manipolata” alla ricerca di nuove necessità?

Una bellissima domanda, che richiama interessanti e più approfonditi ragionamenti filosofici. Ci vedo entrambe le direzioni in questa “dittatura dei bisogni”: da un lato, essa è costruita dalla propaganda per fini commerciali e per aumentare il potere di controllo sulle persone; dall’altro, siamo noi che affascinati dalle false luci del progresso abbiamo abbassato la vitalità spirituale e morale. Per dirla in estrema sintesi, la vita virtuosa è espressione di libertà, il vizio è schiavitù verso le proprie passioni egoistiche (da non confondersi con la sana passionalità necessaria alla ragione e alla fede). Per una autorità che si riduce a esercizio del potere, è più comodo avere cittadini sottomessi al vizio, perché già essi stanno rinunciando a quella libertà che gli permetterebbe di essere svegli quando il potere supera i limiti e diventa tirannico. Credo che la “dittatura dei bisogni” nasca anche da questo cedimento spirituale e morale.

Secondo lei quali sono i fattori ai quali attribuire maggiore responsabilità alla trasformazione in atto, sempre che di trasformazione naturale si possa parlare.

In risposta a questa domanda mi viene in mente, per esempio, S. Giovanni Paolo II che nella Sollicitudo rei Socialis al n. 37 ammoniva sulle quattro idolatrie dell’attuale epoca dell’informatica: del denaro, dell’ideologia, della classe, della tecnologia. Su queste idolatrie è costruito l’imperialismo che crea “strutture di peccato”, dice il papa polacco. È ormai consolidata la struttura di peccato del sistema dell’alta finanza, che da oltre duecento anni è causa di guerre (mondiali e non) elevando l’usura a strumento di progresso. L’idolatria dominante oggi, però, non è più quella della classe, ma della tecnologia, per cui davanti al “nuovo” strumento tecnologico tutti devono prostrarsi in adorazione. Pensiamo al fascino che crea oggi l’Intelligenza Artificiale nella gente comune e nei giovani in particolare. Nel magistero sociale cattolico è costante il richiamo al dovere di rinunciare al progresso materiale se questo dovesse causare ingiustizie sociali (nel lavoro in particolare) e arretramenti morali.

È una impressione soggettiva o esiste realmente, secondo la sua opinione, un processo di creazione delle emergenze atte a giustificare interventi, anche giuridici, che in clima di normalità non troverebbero motivazioni?

Altri, molto più esperti e autorevoli di me, da anni evidenziano come lo stato di emergenza venga creato ad arte, per costringere i cittadini a comportamenti sottomessi a scelte economiche e politiche già pianificate. Secondo prof. Agamben tale sistema si è affermato dalla Grande Guerra in poi in modo costante, fino agli eccessi attuali del globalismo. Ogni tanto viene costruita una emergenza (terrorismo – spread – virus – CO2, ecc.) che richiede comportamenti repentini per il “presunto” bene comune e chi non si allinea è additato come causa di mali per gli altri. Il governo della paura, instillata nelle menti fragili e succubi dalla propaganda, diventa così lo strumento per imporre avanzamenti nel progetto transumanista, che comporta sempre maggiori riduzioni della libertà sociale. Credo si possa affermare con evidenza che l’emergenza è lo strumento giuridico col quale il neoliberismo impone le scelte sociali. I fautori della Quarta Rivoluzione Industriale parlano addirittura di una “disuguaglianza ontologica” che si creerà tra chi accetterà i cambiamenti transumanisti e chi li rifiuterà. Chi crede deve pregare tanto con le parole della Madonna, che nel Magnificat loda colui che “disperde i superbi nei pensieri del loro cuore, abbassa i potenti e innalza gli umili”.

Quanto incide la cultura dei singoli nel processo trasformativo della società? Sto pensando al significato originale di “Transumanesimo” secondo Huxley «l’uomo che rimane umano, ma che trascende sé stesso, realizzando le nuove potenzialità della sua natura umana, per la sua natura umana», collocandolo in uno scenario di emancipazione dell’umanità in cui quest’ultima assume consapevolmente il compito di guidare il generale processo evolutivo, rispetto all’accezione “manipolata” statunitense, meno legato a traguardi sociali ed orientato a un maggiore individualismo?

Anche questa bellissima domanda richiederebbe una trattazione ampia e articolata. Personalmente, mi son fatto l’idea che il trascendersi dell’uomo non è prima di tutto verso un maggiore utilizzo delle sue potenzialità naturali per scopi materiali. Questo è l’utile che, pur necessario, non è il fine più alto per l’uomo. Il “trascendersi” verso Dio e dunque verso l’altro è il fine più alto e più nobile di ogni uomo di ogni epoca della storia passata, presente futura: tale trascendersi è amare. Nell’amore vero anche la ragione si placa e si ristora dal bisogno di conoscere e creare nuovi strumenti, in una corsa affannata a “possedere” sé stessi e la natura, e si orienta non al dominio ma alla condivisione, al rispetto, al dono. Fino al dono di sé, come Cristo sulla croce. Non è l’inizio di una predica… perché oggi quando parliamo di amore, di amicizia, si scade facilmente nel sentimentalismo, rinunciando alla profonda razionalità metafisica del discorso. Per la dottrina sociale cattolica il fine del governo politico è favorire la concordia dei cittadini, la vera amicizia civica: siamo sicuri che la gestione dei bisogni individuali assolutizzati da parte del potere realizzi questo fine? Non credo. Quanto ad Huxley, che ho letto poco per commentare la sua citazione, ricordo solo la sua fascinazione per alcune sostanze chimiche che possono produrre nuovi stati di coscienza, per esplorare nuove potenzialità naturali ecc. Questo è ancora un ambito naturalistico materiale. Non è questa a mio avviso la direzione del trascendere sé stessi. Il singolo incide nel processo trasformativo della società prima di tutto con le sue virtù etiche e dianoetiche, per usare il linguaggio antico. Con le virtù morali-pratiche, e con quelle scientifiche-intellettuali. Ma per dare la direzione autentica al vero progresso è necessaria una sana vita spirituale.

Questa società, forse un po’ troppo “liquida” dove scuola, famiglia e educatori vari non sembrano trovare un comune obiettivo educativo, sembra non sia in grado di far crescere le donne e gli uomini di domani. È così o è solo una impressione? Se così fosse, quali suggerimenti potrebbe suggerire, come studioso e come uomo di fede?

Un filosofo moderno, che ha tanto da insegnarci sulla morale e sulla politica, ci ricorda che le due arti più nobili e importanti della vita associata sono educare e governare (Immanuel Kant). Oggi entrambe sembrano ridotte, nel discorso pubblico, alla gestione aziendale di un apparato in cui il cittadino e il bambino diventano strumenti a servizio di un sistema già pianificato e dai tratti disumani. L’educazione diventa indottrinamento (è utile ascoltare Elisabetta Frezza su questo tema) e il governo gestione “zootecnica” – direbbe il caro Maurizio Blondet di utenti di servizi. Infatti, nel transumanesimo non si parla più di “cittadini” e dunque di uomini liberi, ma di “utenti” che possono essere esclusi dal “bellissimo” mondo digitale dei servizi se non sono obbedienti e sottomessi a dovere. Proviamo a pensare cosa diventerebbe in questo senso la moneta totalmente digitalizzata, come strumento di asservimento totale della massa di utenti.

Credo che il concetto di Transumanesimo non sia, proprio per la ragione sopra esposta, un concetto facilmente divulgabile, quindi comprensibile dalla gran massa di cittadini. Quali potrebbero essere gli esempi che dimostrino il pericolo verso il quale stiamo correndo per rendere coscienti il maggior numero di persone quali trappole potrebbero incontrare sul percorso di vita?

Credo che, al di là che consigli pratici, è fondamentale curare una sana vita di relazione nella famiglia, nel quartiere, nella comunità civile e religiosa. Quando uno ha vere amicizie, quando si è genitori o educatori seri e appassionati, si guarda all’essenziale, ci si accorge dei percorsi pericolosi e delle buche dentro le quali si può cadere. Bisogna ricordare che il digitale, per quanto utile a risolvere tanti problemi materiali, è solo uno strumento non è il fine. E come tale va praticato. Le persone sono il fine, praticare la giustizia e amarsi in modo dis-interessato (cioè senza altro interesse che il bene della persona) è il fine più alto per rimanere uomini e non diventare macchine robottizate, che rispondono solo a impulsi elettronici.

In conclusione, vuole fornirci una “fotografia” dello stato attuale della società e indicarci una “cinematografia” di quello che potrebbe essere lasciando le cose come sono?

Non sono molto bravo a proporre immagini fotografiche o filmiche, credo che siamo in un’epoca di grande transizione sociale, ma l’uomo è sempre lo stesso, come è stato creato da Dio e redento da Cristo. Nessuno può avere la superba presunzione di poter cambiare la natura umana e di creare passaggi ontologici ulteriori. Al di sopra degli uomini come primo passaggio ci sono le schiere angeliche, già create da Dio (anche se oggi va di moda una angelologia-demonologia laica che parla di alieni, ma questo è un altro discorso e magari una prossima emergenza). Abbiamo bisogno di ribadirci che tutta la tecnica e la tecnologia sono solo strumenti che oggi abbiamo e domani possiamo anche perdere, se le competenze spariscono. Del resto, quante tecnologie del passato non conosciamo più, perché per motivi socio-politici non sono più state tramandate alle generazioni future? In tal senso, la storia è davvero ciclica e forse in ogni epoca si è pensato di aver raggiunto la tecnologia “transumanista” più elevata e insuperabile, per poi regredire e ricominciare da capo. Noi in Sardegna ancora ci chiediamo con quali tecnologie sono stati edificati i nuraghi, spesso in luoghi impervi e fortemente simbolici. Davanti all’arroganza della propaganda attuale, mi viene in mente anche una scena del Vangelo: Gesù che si commuove per le folle che lo ascoltavano, perché erano “come pecore senza pastore”. Ecco, credo che abbiamo fortemente bisogno di una nuova classe dirigente in Italia (nello Stato e nella Chiesa), culturalmente, moralmente e spiritualmente preparata ad affrontare le enormi sfide della tecnocrazia e delle ideologie dualistiche che in ogni epoca riemergono prepotenti e dominanti.

Lamberto Colla – Direttore

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